La birra nel mondo antico
| "Gambrinus fue chiamato finché visse, regnò in quel di Fiandre e di Bramante. Dall'orzo il malto pria di tutto estrasse, poscia di birra fé l'arte brillante tal che li posteri vantasse d'aver avuto un Re, Mastro insegnante."  | 
   Ci sia concesso tradurre così una antica ballata 
    popolare tedesca che narra di Gambrinus, mitico re germanico, al quale la 
    leggenda fa risalire l'invenzione della birra.
    
    
Grato per il dono della bevanda nazionale tanto amata, 
    il buon popolo germanico pensò bene di immortalare il personaggio, 
    addirittura santificandolo e trasmettendolo ai posteri con il nome di 
    Sanktus Gambrinus. Molti dubbi vi sono comunque circa la reale esistenza di 
    questo re e controversa la sua presunta data di nascita. Secondo la 
    leggenda, si dice contemporaneo di Carlomagno, quindi intorno all'anno 750, 
    e sarebbe stato famoso sia come inventore della birra che come fondatore 
    della città di Cambrais; ma questa città era già nota e florida sino 
    dall'epoca Gallo-romanica, quindi precedente alla nascita di 
    Cristo.
    Ad ogni buon conto la birra era nota e 
    consumata in quella regione già da quell'epoca, e non é ne giusto ne 
    storicamente esatto farne risalire la nascita in Germania solo dai tempi di 
    Carlomagno.
    Infatti, già Tacito dalle sponde del Reno 
    contemplava con disgusto i truculenti e rissosi guerrieri Galli ingurgitare 
    enormi quantità di quella bevanda, che definisce "barbaro vino di orzo", 
    sdraiati su pelli d'orso, fino ad ubriacarsi indecentemente. Quattro secoli 
    prima dell'era volgare, Pitia narra ai suoi contemporanei greci di un certo 
    mosto d'orzo che veniva allegramente bevuto dai Galli, mentre Catone e 
    Plinio il Vecchio dichiaravano la birra essere bevanda nazionale 
    germanica.
    Contentiamoci quindi di confinare Gambrinus 
    in una area puramente leggendaria e ricordiamolo così come viene descritto: 
    un grassissimo rubizzo personaggio, con una fluente barba, vestito con abiti 
    regali di foggia vagamente romanica, assiso su un sontuoso trono, il capo 
    cinto da una corona di spighe d'orzo ed in mano uno spumeggiante boccale di 
    birra. Di lui non si narrano epiche gesta di battaglie e di conquiste, ma 
    solo di battaglie compiute su tavole imbandite, coronate da colossali bevute 
    di bionda birra.
    Solamente a partire dal medioevo 
    germanico si affina e si perfeziona l'arte di preparare la birra; da 
    lavorazione puramente casalinga, diventa progressivamente di preparazione 
    semi industriale. Si abbandona l'uso del tino di coccio e si principia ad 
    usare il più consono recipiente di rame che conferisce alla birra più 
    raffinate caratteristiche.
    E' un continuo proliferare 
    di fabbriche e fabbricanti, ed i villaggi fanno a gara a chi la produce 
    meglio, mentre i villici gareggiano a chi ne beve di più, ed i consumi 
    crescono con il migliorarsi della qualità.
    La birra 
    viene variamente aromatizzata con rosmarino, ginepro, resine, eccetera, e 
    soltanto dal 1270 in poi si inizia ad utilizzare il luppolo di cui se ne 
    scopre il felice connubio con il malto d'orzo. Ogni produttore comunque si 
    regola in materia come meglio preferisce, secondo il gusto personale o la 
    convenienza economica - il luppolo era troppo costoso.
    
    
Dobbiamo arrivare al 1516, al famoso editto di 
    Guglielmo IV di Bavaria, per avere una precisa regolamentazione circa la 
    corretta preparazione della birra, come prescritto nel "Das Reinhetsgebot", 
    letteralmente "legge della purezza" In questa, oltre stabilire precise 
    quotazioni di mercato, secondo qualità e misure, stabiliva: "....in 
    particolare vogliamo che d'ora in avanti nelle nostre città, mercati e 
    paesi, non sia usata o venduta alcuna birra con altri ingredienti che non 
    siano solo luppolo, malto d'orzo e acqua....." stabilendo pesanti sanzioni 
    per i contravventori.
    Oltre alle sanzioni pecuniarie, 
    ben più pesanti pene venivano inflitte ai recidivi. Per verificare la 
    genuinità della birra, i controllori di quel tempo versavano una pinta di 
    birra su una panca di legno e vi facevano sedere il mastro birraio che 
    l'aveva prodotta. Se, asciugandosi, i calzoni di cuoio non rimanevano 
    attaccati, voleva dire che la birra era genuina e non succedeva nulla. Se 
    invece le brache rimanevano attaccati alla panca, voleva dire che era stata 
    aromatizzata con la meno costosa resina, ed allora cominciavano i guai! In 
    inverno immergevano il malcapitato in un pentolone della sua stessa birra, 
    con grossi pezzi di ghiaccio, e l'imbroglione se la cavava al massimo con 
    una polmonite. Ma in estate il pentolone era pieno di birra bollente, con il 
    rischio di finire lessati.
    L'industria della birra 
    continua fiorente ad espandere i consumi sino al XVI° secolo, poi, con le 
    rivoluzioni, le guerre religiose che sconvolsero il nord Europa nella guerra 
    dei trent'anni, giunsero fortissime tassazioni e balzelli, ed i consumi 
    degradarono paurosamente - una volta di più a riprova che certi governo non 
    sanno trovare nulla di meglio delle facili tassazioni sui consumi popolari 
    per risolvere, o credere di risolvere, i loro problemi 
    economici.
    Dal XVII secolo in Bavaria e dal XVIII 
    secolo in Germania, avviene la ripresa dei consumi, favorita da tassazioni 
    meno pesanti oltre che dalle più perfezionate tecniche di lavorazione che ne 
    abbassano i costi migliorando la qualità.
    Anche in 
    Inghilterra, sino dai tempi della romana Britannia, era in uso la 
    preparazione della birra di orzo, preparata artigianalmente per l'uso 
    familiare e aromatizzata con rosmarino e verbena. I conquistatori Romani 
    erano soliti gustarla a piena gola, con maggiore soddisfazione di quel loro 
    intruglio di acqua e vino divenuto nel frattempo 
    aceto.
    Così come ancora oggi a Trieste, i contadini 
    che intendono vendere vino direttamente al pubblico sono soliti esporre 
    davanti alle loro case un ramo d'albero che da ciò sono dette "frasche"; 
    così gli antichi britanni ponevano davanti alle loro case un palo con 
    avvinta un'edera, per segnalare che erano disponibili a vendere la birra che 
    producevano.
    La birra era consumata in Inghilterra in 
    grandissime quantità, ma il popolo beveva birra schietta solo nelle grandi 
    occasioni; per il resto dell'anno doveva accontentarsi di una birra leggera, 
    ricavata dalle trebbie, ciò a causa dei pesanti balzelli che anche in quei 
    tempi affliggeva l'Inghilterra. In ogni contea si produceva un tipo di birra 
    diverso, della cui formula erano gelosi custodi, e si dice che la migliore 
    provenisse dalla zona del Wessex.
    
    
Anche la Scozia aveva la sua brava birra, e 
    celeberrima era quella che producevano certi monaci di un convento nelle 
    vicinanze di Glasgow e della quale, si dice, fosse un assiduo estimatore 
    anche San Kentigern, fondatore appunto di quella 
    città.
    I re anglosassoni commemoravano i loro morti in 
    battaglia durante interminabili banchetti, nel corso dei quali facevano 
    l'appello dei caduti e ad ogni nome seguiva un abbondante brindisi. 
    Terminato il primo elenco, ne seguiva un secondo, nel quale si onoravano i 
    combattenti che meglio si erano distinti sul campo; a questo punto ci sorge 
    il sospetto che dovesse seguire un terzo elenco, di quelli dei defunti nel 
    corso del banchetto, per eccessivo....amor di patria!
    
    Un popolare poema medievale anglosassone, narra le eroiche imprese di 
    Beowulf il quale affronta, nemmeno a dirlo, il mostro Grendel che aveva il 
    brutto vizio di divorare i commensali dei banchetti reali che si attardavano 
    troppo alle mense del re. Il nostro eroe, prima di cominciare la titanica 
    lotta, si rifocilla con colossali bevute di birra, insieme ad i suoi 
    accoliti, e poiché egli é un eroe, ha il dono di non cadere mai ubriaco, 
    mentre gli uomini della sua squadra, che eroi non sono, cadono uno dopo 
    l'altro a terra ubriachi. Ovviamente Grendel senza por tempo in mezzo, se li 
    mangia uno alla volta, talché il povero Beowulf é costretto a combattere da 
    solo una battaglia interrotta da frequenti formidabili libagioni. Ma poiché, 
    ripetiamo, il nostro eroe é un eroe, non può far altro che vincere, 
    uccidendo infine l'odiato mostro. E giù nuova bevuta di birra. Così via per 
    tutto l'interminabile poema, tanto che ad un certo punto ci sorge il 
    sospetto che sia stato scritto non tanto per commemorare le gesta epiche 
    dell'eroe, quanto le sue colossali bevute.
    I Danesi 
    durante le secolari guerre combattute contro gli Inglesi, erano soliti 
    portarsi dietro la loro birra, per rifocillare il proprio esercito, 
    ritenendo la birra inglese orrendamente disgustosa. Per contro gli Inglesi 
    nutrivano analogo sentimento nei confronti della birra danese. In materia di 
    odio sociale erano entrambi ben forniti!
    Il bellissimo 
    Re Alfredo d'Inghilterra, vissuto nel VIII° secolo, fu un famoso 
    collezionista e cultore di birra, che sapeva produrre, si dice, buonissima, 
    secondo una sua personale formula. E' passato alla storia poiché, fra una 
    battaglia persa ed una vinta, riuscì finalmente a sconfiggere gli odiati 
    danesi nell'anno 814, stipulando la Pace di Wemor. Non potevano mancare gli 
    immancabili brindisi a base di birra danese ed inglese, scambiandosi fra 
    vinti e vincitori le rispettive botti, superando finalmente anche il 
    rispettivo atavico disgusto birrario.
    Ovunque in 
    Inghilterra si produceva birra, con i più svariati sistemi ed 
    aromatizzazoni. Occorreva una regolamentazione, così, nel 1200, si giunge al 
    codice di Hywel Dda, molto simile al successivo di Guglielmo IV, con il 
    quale si dettavano regole di produzione e di mercato, stabilendo pesanti 
    sanzioni per i contravventori.
    
    
Soltanto dopo il 1400 comincia in concreto lo sviluppo 
    industriale con il conseguente maggiore incremento dei consumi e nel 1454 
    Enrico IV concede la prima patente di fabbricazione della storia inglese, 
    alla Brewers' Company (Corporazione birraria).
    
    L'Italia é, come noto, un paese a forte vocazione vitivinicola. Ciò non 
    toglie che le popolazioni italiche abbiano, più o meno saltuariamente, 
    gustato quella bevanda che i barbari invasori si portavano dietro nelle loro 
    scorribande sul nostro suolo. Quando poi gli invasori restavano a secco del 
    loro prodotto originale, razziavano l'orzo dei campi per prepararsi in loco 
    quella birra della quale non potevano proprio fare a 
    meno.
    Le prime popolazioni italiche a bere birra 
    furono certamente quelle della fascia sub alpina, ed in particolare il 
    triveneto, zone, per la loro facilità di accesso, più bersagliate dai 
    barbari che calavano dal nord. Il primo centro italiano del quale si ha 
    notizia certa di produzioni di birra locale fu Pavia, quando fu eletta 
    capitale longobarda nel V° secolo, e furono gli stessi conquistatori 
    longobardi ad insegnare le fasi della lavorazione alle genti del posto, dopo 
    che ebbero esaurite le scorte che si erano portate al seguito. Ma quelle 
    produzioni durano solo per il tempo dell'invasione 
    longobarda.
    Non diversamente fece Alboino il quale 
    calava in Italia nel 568, facendosi subito nominare Re. Ben presto esaurì la 
    sua birra, ed allora fece requisire tutto il vasellame di rame del posto, 
    tutto l'orzo dei campi, per produrre nuova birra per il suo esercito 
    assetato. E fu certamente birra che fece bere a Rosmunda nel cranio del di 
    lei padre, Cunimondo, che lui stesso aveva personalmente ucciso. Ma, come 
    sappiamo, Rosmunda non dimenticò l'affronto e, meditando vendetta, si fece 
    intanto amante di Elmichi, lo scudiero del re. Alboino riprende le sue 
    scorribande sul suolo italico e, dopo tre anni di assedio, riesce a 
    conquistare Pavia e da li si spinge sino a Verona dove si insedia nel 
    palazzo di Teodorico e chissà dove sarebbe arrivato questa tempera di 
    conquistatore se, dopo soli tre giorni, il suo poco fidato scudiero non 
    fosse riuscito finalmente a propinargli una tazza di birra 
    avvelenata.
    Il prezzo del regicidio é l'amore di 
    Rosmunda e i due colombi convolano a Ravenna dove Rosmunda, fra l'alcova ed 
    un banchetto, tenta a sua volta di avvelenare l'amante. Elmichi però mangia 
    la foglia e, scambiando i calici di birra, rimanda la palla a Rosmunda la 
    quale conclude così la sua sventurata e tragica esistenza 
    terrena.
    Ben altra birra, meno indigesta e più 
    salutare, sapeva preparare Teodolinda, figlia di Gariboldo di Baviera, 
    anch'egli grande intenditore e preparatore di birra, famosa in tutta la 
    Germania dell'epoca. Per tutto il periodo della sua reggenza del Regno 
    Longobardo, ceduto al figlio Adolardo che viene incoronato nel 625, era 
    rinomata la sua corte di Monza dove teneva sontuosi banchetti a base di 
    spumeggiante birra che gli ospiti facevano a gara a bere a più non 
    posso.
    Teodolinda, fervente cattolica, contribuì alla 
    conversione delle sue genti e si dava da fare per raccogliere fondi 
    destinati alla costruzione di chiese e basiliche. Due volte l'anno inviava a 
    Papa Gregorio Magno grandi quantità di birra, che il Pontefice faceva 
    magnanimamente distribuire al popolo romano che apprezzava il dono con 
    canti, danze e festeggiamenti che duravano fin quanto duravano le scorte di 
    birra.
    Papa Gregorio Magno, per la sua casta santità, 
    non era un grande estimatore della bionda bevanda, come d'altronde non lo 
    era di tutte le bevande a base alcolica, preferendo la più semplice acqua. 
    Meno casto e certamente meno in odore di santità Clemente V, assurto al 
    papato nel 1300, il quale, per le sue origini tedesche, amava più del dovuto 
    la buona birra che si faceva produrre in abbondanza ed in abbondanza 
    tracannava. I cittadini romani vissero, sotto di lui, un periodo d'oro per i 
    loro consumi di questa bevanda, pur rimanendo saldamente legati alla 
    "fojetta" trasteverina.
    Cala Barbarossa in Italia e 
    con lui fiumi di birra, prodotta dai tedeschi, fiamminghi ed inglesi al 
    soldo del condottiero. Le genti italiche imparano a produrla, più per farne 
    oggetto di mercato con l'esercito occupante che per il proprio consumo, che 
    stenta a crescere, poiché la bionda bevanda é strettamente collegata al 
    nordico invasore, quindi guardata con sospetto e con rancore. Sono momenti 
    episodici che non lasciano alcuna traccia.
    
    
Di ben altro avviso sono i frati dei conventi che 
    attribuiscono alla birra poteri medicamentosi, primi fra tutti i frati 
    dell'Abbazia di Montecassino. Nella quiete dei loro chiostri, solerti frati 
    orano e lavorano pasticciando con erbe e radici, dando vita a quel fiorente 
    commercio di liquori e medicinali artigianali di cui ogni Abbazia vanta 
    primati e specialità, tramandate nei secoli sino ai nostri giorni. I 
    contadini portano nei conventi l'orzo che i monaci trasformano in birra, con 
    variazioni sul tema, ed il commercio si allarga e l'uso si diffonde, anche 
    se non esce ancora dai confini comunali.
    Ma la birra 
    non viene ancora vissuta come bevanda alimentare, bensì solo come bevanda 
    medicamentosa; viene somministrata ai convalescenti come ricostituente, alle 
    partorienti perché producano più latte, ai malati quale dieta alimentare, 
    come purgante, come digestivo e per migliorare la circolazione del sangue. 
    E' una birra forte, densa, corposa, carica di potere nutrizionale. Le famose 
    birre d'Abbazia belghe ne conservano tuttora la memoria 
    storica.
    Mentre il popolo ne fa un consumo saltuario e 
    modestissimo, legato alle vicissitudine della salute, nelle corti reali il 
    consumo é pressoché abituale, la birra é di casa insieme e più del vino. I 
    monarchi di tutto il nord, quando non sono in lotta fra loro, si scambiano 
    vincoli di sangue in un fitto scambio di parentele fra re e imperatori, e 
    con le parentele si scambiano i tipi di birra.
    Fa 
    produrre birra a Milano l'imperatore tedesco Massimiliano, andando sposo nel 
    1500 con Maria Bianca Visconti, per distribuirla ai festanti milanesi, 
    insieme a confetti e dolci.
    Se ne beve abitualmente 
    alla corte di Lorenzo il Magnifico, suggerita da Luigi Pulci, poeta, 
    raffinato maestro culinario e grande estimatore di vini e di bevande, tanto 
    da essere considerato il padre dei moderni Sommelier. Gran mangiatore, 
    gaudente e gran burlone, oltre che rallegrare le mense di Lorenzo, 
    sovrintendeva alla distribuzione delle bevande, soprattutto vino, con 
    sapienti abbinamenti al cibo; consigliava invece di bere birra con crescioni 
    - specie di pastella lievitata e fritta - fra in pasto e l'altro per non 
    perdere l'abitudine di mangiare!
    Passerà ai posteri 
    per il suo poema in rime "Morgante Maggiore"; fa dire al gigante Margutta 
    nell'VIII° canto: